venerdì 12 settembre 2014

E come profumo la pipì!

Metti una fiera che non vuol essere definita fiera perché la parola è troppo terra-terra…
Metti una location speciale per la sua archeologia industriale resa (tristemente) famosa per convention della nouvelle vague politique ed ecco l’inizio settembre fiorentino esplodere nei profumi – è proprio il caso di dirlo – “Fragranze”, la mostra-evento dell’alta profumeria mondiale che si celebra nello scenario della Stazione Leopolda a Firenze.

Entri e trovi quello che ti aspetti. Un’onda silenziosa e invisibile di mille profumi che si mescolano avvolgendoti e quasi stordendoti. Mille profumi che si mescolano in uno, mille volti che si mescolano in uno.
Ti lasci stordire, poi, esci della nuvola profumata e scopi box ordinati-allineati-colorati degli stessi colori, adornati delle stesse boccette e popolati dalle stesse facce con gli stessi vestiti e gli stessi sorrisi di circostanza e poi zac… qualcosa diverso, di assolutamente fuori contesto colpisce.

Uno stand nero, adornato di vetri rotti ed atmosfere truci e underground con tre boccette, solo tre a fare bella figura di se.
Dietro esse emerge una figura curiosa di uomo vestita di una lunga tonaca nera, gli occhi trasparenti e il sorriso che non è un sorriso.
Lui è O’Driù, al secolo Angelo Orazio Pregoni genio estroverso e dissacratorio dell'arte contemporanea. E' anche un naso, ma decisamente diverso dagli altri.
Un’artista, un performer della boccetta che crea quasi esclusivamente solo profumi “a persona”, rigorosamente fatti a mano.

Tre come dicevamo le sue creazioni “seriali” di cui non confessa le essenze nemmeno sotto tortura, ma che s’ispirano a concetti nuovi e dissacratori.
Dissacra attraverso quelle  boccette il mondo dell’alta profumeria di cui è suo malgrado protagonista; prende in giro i colleghi e se stesso, vuole frantumare la patina ovattata e l’uniformazione (verso il basso) della profumeria.

Rivoluziona e stravolge il concetto stesso di profumo…
E’ vero, cos’è profumato e cosa non lo è?
La risposta è assolutamente diversa per ognuno. Ci avete mai pensato?
Forse è meglio allora parlare solo di odori.

Sono quelli che affascinano, che emozionano che trasmettono sensazioni primordiali e sessuali. Odori che battono in testa: sudore, fango, urina….
Pregoni ci parla di antimarketing quando presenta “Patetique” in cui dissacra il patetismo della profumeria smascherandone la nullità; si dichiara contro alle regole quando racconta che “Eva Kent” è una fragranza quasi criminale, ma supera se stesso e la sua allucinazione artistica con “Peety” che definisce il primo profumo pop della storia.

La leggenda narra che questa fragranza sia nata per errore… come storiella funziona, ma è difficile da credere se si è un po’ smaliziati…

49 ml. di una profumazione esclusiva fatta a mano (di cui ovviamente nasconde la formula) non nascono a caso...
49 ml. da completare, anzi personalizzare, con 1 ml (10 gocce) che rendono l’essenza esclusiva e assolutamente personale.
La propria urina!

Per raccontarla con le parole dell’ideatore:
“La pipì è chiaramente un mood importantissimo perché è relazionata non soltanto alla sfera intima, se vogliamo anche sessuale, feromonica, al nostro DNA, ma introduce all’interno della fragranza quegli elementi che a me servivano ossia concentrazione di acqua, sale e acidi urici, che interagiscono con la materia prima che abbiamo utilizzato creando nuove sensazioni olfattive e tutto questo sempre in maniera diversa.
Quindi la traccia del profumo, la traccia olfattiva è la mia, ma il profumo trascende dal mio lavoro in quanto è contestualizzato sulla pelle di un’altra persona con una sostanza che l’altra persona ha inserito e che trasforma il profumo.”

Il geniale Pregoni definisce questa sua idea un’elaborazione olfattiva artistica pop, a noi pare un autentico capolavoro di marketing rovesciato dove, massacrando e dissacrando i luoghi comuni dell’alta profumeria si emerge volente o nolente da una massificazione olfattiva davvero sconcertante.

La riflessione finale è stata per me sorprendente.
Cos’è davvero profumato e cos’è davvero sgradevole al naso?
Tutto soggettivo davvero.

Personalmente sono molto “nasale”. Annuso i luoghi nuovi, scopro e riconosco le città dagli odori.
Mi stupisco, sorprendo e quasi inebrio davanti all'odore della pioggia che avvolge la pietra, dalla pelle di una borsa impregnata di sudore, dall'erba ammuffita essicata e quasi bruciata dal sole, etc…

In effetti...chi sa cosa c’è davvero nella ricetta segreta di profumi famosi?
Chissà cosa nasconde il formale perbenismo massificato dell’alta profumeria?

O’Driù almeno mi ha fatto pensare. Mi ha squarciato quella nuvola olfattiva ruffiana che mi circondava e mi ha fatto sorridere anche…

Ebbene sì… perché storcere il naso, è proprio il caso di dirlo, davanti al profumo alla pipì?



giovedì 21 agosto 2014

Daniza, il fungaiolo e tanti euro....

In pochi giorni è diventata la no
tizia di ferragosto, ma la vicenda Daniza può essere letta da diverse angolazioni.

Io provo ad usarne una.

Durante la stagione (funesta) della caccia le cronache sono piene di impallinati scambiati per uccellini, cinghiali e caprioli. Tanti feriti e anche alcuni morti, ma nessuna provincia si sognerebbe mai di ingabbiare per punizione il colpevole cacciatore reo di aver scambiato un suo simile per una preda. Eppure ci sarebbe da dire. Beh, te la se cercata!
In un bosco, nascosto fra la macchia, col fucile puntato contro ogni foglia in movimento devi mettere in conto che qualche maniaco che la pensa come te ti confonda per una preda. Incidenti vengono chiamati. C’è chi muore, chi rimane ferito, ma per il colpevole oltre al rimorso e il mea culpa nessuna punizione.

In stagione di funghi poi, è all’ordine del giorno il morso di una vipera, l’ attacco di un calabrone incazzato e la caduta in un dirupo, ma nessuna provincia si sognerebbe mai di crocifiggere la vipera, mettere in quarantena il calabrone o in galera il masso che ha fatto precipitare il fungaiolo.

Perché per Daniza invece si è emesso un verdetto diverso?

E pensare che lei viveva felice nella natia Slovenia prima che noi italiani nella bramosia di incassare un po’ di euri andassimo a prelevarla e portarla in Trentino. Lei, ligia ai voleri degli scienziati si è anche accoppiata e ha sfornato dei cuccioli che, giustamente, come ogni mamma difende.

Ebbene sì è evitato di dire in questi giorni - concentrati come eravamo sui quattro graffi del fungaiolo - che Daniza e i suoi amici orsi fruttano soprattutto quattrini, parecchi quattrini!

Esiste il progetto Life Ursus finanziato dall’Europa con la bellezza di 40 milioni di euri freschi che dal 1996 ha restituito alle Alpi orientali l’orso, antico ospite ormai estinto.
I soldi ormai sono in tasca e poco importa se la diciottenne Daniza debba per la stupida legge della provincia di Trento essere fatta prigioniera ed abbandonare così i suoi cuccioli ancora piccoli  al loro destino.

La sua colpa? Avere fatto il suo dovere!
Perché lei va punita e i cacciatori, la vipera, il calabrone e il masso no?

Signor fungaiolo che ha avuto la fortuna (rarissima) di imbattersi in Daniza (che peraltro essendo dotata di collare si sa benissimo dov’è) perché alla vista di lei e dei suoi cuccioli non ha silenziosamente fatto dietro front per allontanarsi?
Perché ha deciso di appostarsi dietro un albero ed attirare le sue attenzioni?

Sicuramente aveva già pregustato la gioia di quel selfie esclusivo che le avrebbe permesso di vantarsi al bar virtuale della rete.
Sicuramente aveva anche messo in conto quel paio di zampate ricevute, ma ne valeva la pena passare da ganzo davanti al mondo!

E invece ha combinato un gran casino…

Ha rotto le scatole all’orsa e ai suoi cuccioli in primis, ha leso l’immagine turistica della zona perché adesso Daniza è destinata alla prigione se va bene….per decreto e tutta l’Italia è incazzata col Trentino.
Lei poi non ha fatto proprio una gran figura.
Il cesto dei funghi è rimasto sicuramente vuoto, era frustato e quel selfie con Daniza che non l’ha potuto fare né pubblicare sui social sarebbe stata la sua occasione di riscatto.
Suvvia, segua il mio consiglio e dica solo:
“Signori, ho fatto una stupidaggine, ho dato fastidio all’orsa e lei, da natura, ha reagito. Lasciatela libera, lasciatela coi suoi cuccioli!”

Quanto al Trentino. Con gli euri guadagnati anche grazie a Daniza suggerirei di asfaltare i boschi, metterci qualche area di servizio e un parco attrazioni con orsi ingabbiati e funghi spartitraffico per favorire i cercatori.

venerdì 15 agosto 2014

L’estate è tempo di allegria e leggerezza. Chissà perché poi d’estate, sotto l’ombrellone è quasi vietato parlare di argomenti seri.

I rotocalchi vanno per la maggiore anche in questa pazza estate in cui il sole gioca a nascondino e il calendario pare essere stato appeso al muro al contrario.

Le pettegole da spiaggia amano scambiarsi opinioni su fattori di protezione solare, a che ora far fare il bagno al piccolo e chi è il nuovo fidanzato della velina di turno.
Niente di nuovo direte. Vero!

La televisione sputa annoiata ai forzati dello spaparanzamento da divano film age alla millesima replica e tutti i sapori di sale e di mare possibili.
Voglia di leggerezza. Allegria e spensieratezza forzati.
Niente di nuovo direte. Vero!
I telegiornali dopo averci ammorbato per un mese intero con ogni tendinite dei calciatori impegnati nei mondiali di calcio oggi si trovano col solito dilemma estivo. Meglio parlare di sandali maschili o profumi per zanzare?
Nel dubbio meglio parlare d’altro: la patata della Pausini.
Poco importa che, nel frattempo, si stanno massacrando in Palestina (non fa più notizia ormai); Ebola sta dilagando in Africa (tanto rimane là); il Mediterraneo diventa sempre più un cimitero per disperati (meglio non parlare di disgrazie) e in Ucraina si massacrano fra parenti (ah… il solito Putin).
Ebbene sì; la notizia è la patata della Pausini!
Voi che leggete potreste giustamente obiettare. Ma anche tu sei un giornalista e stai scrivendo anche tu di questo?
Vero! Ma solo leggendo scoprirete che il mio invece non è un andare sulla notizia del giorno, ma è un accorato appello alla categoria.
Il fenomeno è interessante; della serie è nato prima l’uovo o la gallina. Siete voi lettori e spettatori che volete queste notizie o siamo noi che siamo convinti che le volete e ve le propiniamo?
Misteri della comunicazione e del marketing.
Ma torno alla povera Laura Pausini, protagonista, suo malgrado, di un notizione che è finito nelle prime pagine di importanti testate! Un incidente, un banale birichino colpo di vento durante un concerto in Perù, un accappatoio che si solleva un po’ troppo sull’inguine per una frazione di secondo e zac!
Caratteri cubitali: “Laura Pausini nuda!”
Ma di cosa? Cosa avete visto di così incredibile? Dov’è la notizia?
Poco spazio invece, come da prassi, alle scuse dell’involontaria protagonista che ha ammesso, candidamente, di essersi vergognata.
Sì, lei, l’eroina musicale dei due mondi che riempie stadi come Messi umilmente confessa: “mi sono vergognata!”.
Umiltà e semplicità. Fa quasi tenerezza questo candore, in fin dei conti è noto che la cantante è rimasta davvero una timida ragazzetta romagnola di provincia attaccata alle radici e alla famiglia.
Lasciate in pace suvvia la povera Laura che è ancora con le guance arrossate dalla vergogna e interessatevi magari, cari colleghi, della zucca di Anna Oxa che negli ultimi anni così piena di concetti alti da lasciare basiti persino i suoi più storici e affezionati fans.
Dopo le performance ballerecce e pecorecce di Ballando con le Stelle la (ex) protagonista della scena musicale italiana ha programmato, sempre parlando di misteri della comunicazione e del marketing, il suo perfetto suicidio artistico.
Lei sì che vorrebbe la scena tutta per se e cerca di calamitarsela riempiendo il web di video autoprodotti in cantina in modalità selfie dove urla, schiuma e sbraita contro, in ordine sparso e casuale: coop rosse, festival di Sanremo, persecutori e stalker a vari titoli, “sistema”, matrix, scie chimiche, cimiteri che portano male,  fans rei di non seguire il suo credo.
Si professa l’Io, l’unica in grado di salvare il mondo, ma non è chiaro da cosa, smonta come un birillo il suo passato e la sua carriera artistica riscrivendola in chiavi fantasiose… Insomma… qui sì che c’è la notizia!
La zucca della Oxa è sicuramente più interessante della patata della Pausini anche perché lei non se ne vergogna!
Insomma cari colleghi. Dato per scontato che dei massacri in Palestina, di Ebola che dilaga in Africa e del Mediterraneo ridotto a cimitero del mare non ce ne frega niente né a noi né ai nostri lettori e che della patata della Pausini non è carino parlarne dato che la ragazza è vergognosa ecco che la Oxa e la sua zucca andrebbero seguite attentamente.
Vero è che noi giornalisti siamo sottolineati in rosso nella lista nera della cantante ed alcuni di noi sono stati già denunciati rei solo di averla nominata come se il diritto di cronaca non esistesse, ma io oso.
Voglio capire. Perché se uno urla, ha paura e denuncia va ascoltato. Non dico creduto, ma capito.
Cosa ci vuole dire coi suoi video? Perchè le forze dell’ordine più volte sollecitate non danno seguito alle sue denunce. Dov’è l’errore? Dov’è e chi è il marcio? Tanto ci sarebbe da capire!
Anche perché chi urla è noto che cerca attenzioni. Anche perché o i pericoli sono veri ed avremo sulla coscienza qualcosa, oppure… questa sì che forse è una strategia, L’oblio è davvero brutto.

Turismo italiano. la soluzione è dietro l'angolo

Musei aperti una domenica al mese, via le agevolazioni e tante novità. Franceschini va all’attacco.
Il turismo in Italia cambierà?
Cambiano le leggi sul turismo in Italia. Si cancellano tanti bonus, forse inutili o forse solo obsoleti. Si cerca il bandolo della matassa. Si cerca di capirci qualcosa. Si smonta come un lego e si cerca di far rifiorire (ma come?) un carrozzone statale che ha dato da mangiare a tante famiglie e poco al turismo italico come l’Enit.
Si cerca di capire cosa davvero si può fare con la tassa di soggiorno, come reinvestirla in servizi efficienti.

 Insomma si cerca il bandolo della matassa con l’augurio che sia la volta giusta…
Personalmente sono venti anni che sono nel settore e ne ho sentite davvero di tutti i colori… anche politicamente parlando dato che l’alternanza al governo c’è stata, ma è mancata totalmente non dico la soluzione, ma almeno una buona idea.

Venti anni in cui il mondo si è trasformato con la rivoluzione digitale; venti anni in cui i flussi  turistici si sono modificati. Nuovi paesi si affacciano al mondo turistico, altri sono in sofferenza… tutto cambia…

Insomma, non siamo più ai tempi del gran tour ottocentesco eppure la nostra gestione turistica pare essersi fermata più o meno lì.
In Italia abbiamo un tesoro di 3400 musei, 2100 parchi archeologici e 43 siti Unesco dai quali lo stato incassa molto meno di quanto potrebbe.
Perché?

Basti pensare solo, ad esempio, che gli Usa con la metà dei siti italiani ha un ritorno economico superiore di 16 volte quello del nostro Paese (Francia e Regno Unito tra 4 e 7 volte quello italiano)!
Chiaro che qualcosa non va…

La spesa turistica totale in Italia durante lo scorso anno è stata di circa 96 miliardi di euro, pari al 10% dei consumi finali interni.
Considerando che 1000 euro di consumo turistico generano 727 euro di ricchezza prodotta, ne consegue che il turismo produce ben 70 miliardi di ricchezza l’anno contro i 25 miliardi della moda, altro settore di punta dell’economia nazionale.
Paradossale poi la distribuzione degli stessi flussi. 4 regioni italiane (Lazio, Lombardia, Veneto e Toscana) accolgono il 60% dei forestieri, mentre il Sud, dalle enorme potenzialità turistiche contribuisce solo per circa il 13%!

Eppure la Costiera Amalfitana, Capri, Ravello, la Sicilia, Napoli, Pompei, Matera con i suoi sassi e I Bronzi di Riace, tanto per citare solo alcune eccellenze si trovano al sud.
Chiaro che qualcosa non va…

Sono persona abituata a girare il mondo e scopro all’estero luoghi senz’anima e storia che sanno valorizzare ogni piccola traccia di passato; la impacchettano bene, la infiocchettano e la fanno luccicare.
Basti solo l’esempio francese.

Sapendo bene che il museo del Louvre è trainante per l’economia francese e non solo quella turistica, sì è deciso di aprire una “succursale” dello stesso museo a Lens, anonima cittadina industriale che così ha scoperto il suo boom.

Pare la scoperta dell’acqua calda ma perché a noi queste idee non vengono? Ci sembrano stupide?

Pensate se ad esempio cosa potrebbe succedere se Firenze decidesse di rendere fruibili alcune delle (tantissime) opere che giacciono polverose negli scantinati degli Uffizi esponendole ad Altopascio (con tutto il rispetto per la cittadina della piana lucchese capitale italiana dell’industria cartaria)…

Noi no. Forti della nostra supremazia, del patrimonio presente nei nostri forzieri ci lodiamo di cotanta bellezza, pigramente.
I nostri (tantissimi) musei sono desolatamente deserti salvo alcune eccezioni e chi li visita per il 50% lo fa gratis!

Non solo, la recentissima legge che toglie il divieto di scattare foto davanti ai capolavori ha fatto sì che, chi gli visita, lo fa in modalità mordi-fuggi-scatta.

Visitare un museo non è più arricchirsi di cultura, ma far sapere sui social che c’eravamo.
Chiaro che qualcosa non va…

L’Italia il paese delle bellezze non sa vendersi, non sa essere una bella donna preziosa.
 L’Italia è quella che corre a visitare i luoghi resi tristemente famosi da fatti di cronaca nera, quella che si è messa in fila per due anni a Porto Santo Stefano per prendere il traghetto per il Giglio e scattare una foto con sfondo relitto Concordia e che ora corre a Genova per ammirare quel ferrovecchio adagiato in banchina.
Beh se la nostra cultura turistica è fare selfie nei musei e fotografarsi davanti alle disgrazie chiaro che il problema siamo noi!

Bene Ministro. Lei non potrà cambiare la testa delle persone, ma far sì che il palazzone romano dell’Enit non sia illuminato giorno e notte inutilmente sì.
Potrebbe far qualcosa perché gli ormai tristi bronzi di Riace dopo i fasti fiorentini del 1980 quando in soli sei mesi furono visti da quattrocentomila visitatori non si intristiscano troppo nelle blindate e costosissime sale di un deserto museo costruito intorno a loro dove solo quindicimila persone l’anno fanno loro visita.

Potrebbe monitorare sugli investimenti realizzati dalle tasse di soggiorno, valorizzare il turismo ecosostenibile…

Insomma. La patata bollente è nelle sue mani. Ideuzze chi nel turismo bazzica da diversi anni ne ha tante… ma il sedere sulla poltrona lo ha lei e noi aspettiamo, fiduciosi…

giovedì 14 agosto 2014

Concordia: un pericolo corteo funebre

Sono già due anni e mezzo che, fra mille bla bla di mille pseudo esperti di ogni materia e di ogni dove s’inzuppa a piene mani nella polemica della titanica spiaggiata della balena Costa quasi dentro il porticciolo di Giglio Porto.
Facile davvero.

Sembrava inaffondabile quel gigante ormai arrugginito esattamente come 100 anni prima lo sembrava il Titanic. Farebbe quasi sorridere la cialtroneria di questo assurdo naufragio vissuto in mondovisione se non portasse in dote molte vite umane perse per la guapperia da bullo di un abbronzato e riccioluto comandante che per la sua codardia è addirittura diventato un neologismo da dizionario.
Si parla delle sue mille cravatte di seta e abiti sartoriali cambiati durante le udienze in tribunale; si fa a scarica barili sulle responsabilità trovando il colpevole perfetto in un piccolo timoniere indonesiano che non capisce gli ordini impartiti in un maccheronico inglese dal diligente comandante fra un sorso di champagne e un abbraccio alla bella e misteriosa moldava che gli faceva compagnia quella sera.
Si cerca di far sparire – o almeno spostare dalle mappe – quel maledetto scoglio delle Spore che, vista isola di Giannuutri, è lì immobile e ben in vista da millenni. Insomma, si fa di tutto e di più…
Si accende i riflettori sulle più minime bazzecole, ma si sorvola fischiettando nella voluta indifferenza su quello che è potuto succedere, che succedere adesso e che succederà con il malinconico corteo funebre verso Genova.
Generici e rassicuranti: “il mare è a posto, si fa i controlli a vista”. A vista ?!? E le analisi?!?
Ciò che preoccupa è come si provvederà a bonificare l’area e a salvaguardare le acque “proibite” del Parco dell’Arcipelago Toscano.
Come si potrà garantire che il feretro della nave nel suo mesto ultimo viaggio verso Genova non scarichi continuamente una scia di veleno in mare?

“Tutto a posto! La nave rigalleggia, la rimorchiamo verso Genova”.
Tanto in tutto questo tempo in mare quella ex nave non si è ridotta in un ferrovecchio arrugginito e bucherellato; tanto i detersivi, le derrate alimentari, i mobili, le suppellettili e tutto ciò che c’era a bordo in tutto questo tempo non hanno fatto alcun danno…”

Come non credergli, loro sono gli esperti che sorridono dalla tv strapagati e abbronzati per questa vacanza estiva speciale al Giglio.
Loro vigilano sempre sulla tutela delle acque “proibite” dell’Arcipelago toscano.

Certo, del resto basta per confermarlo andare con la memoria solo un mese indietro rispetto al famoso naufragio. Era il dicembre del 2011 quando, più o meno nei paraggi, al largo dell’isola di Gorgona durante una burrasca una nave ha perso in mare diversi barili di materiale pericoloso sversandolo nelle acque.
Tutto è passato sotto traccia, quasi non ne sapeva niente nemmeno la Regione Toscana. Silenzio totale, ma loro hanno sicuramente vigilato perchè quelle erano le acque “proibite” del Parco dell’Arcipelago Toscano.
Tant’è che, fra notizie frammentarie, confermate e smentite, quei barili velenosi m sei risulta siano smpre lì, sui fondali di Gorgona a vomitare veleni in faccia a muggini ed aragoste.

Loro vigilano ogni estate chiudendo più di un occhio quando (spesso) qualche “sprovveduto” politico-turista viene pizzicato ad immergersi o addirittura pescare nelle acque “proibite” del Parco. Loro non hanno mai visto quello che ho visto io e tanti altri occhi più volte dall’isola d’Elba e dallo stesso Giglio.

Enormi grattacieli del mare lì, troppo vicini alla costa. Tiravo un sospiro di sollievo ogni volta. Non sapevo che si chiamava inchino quella follia, ma tutte le volte che vedevo quelle enormi navi pettinare il bagnasciuga da cittadina al mare ingannata dalla prospettiva schiacciata mi parevano così vicine, pericolosamente vicine.
Quelle balene da crociera facevano come una bella donna davanti a un manipolo di giovanotti: un passaggio lieve e leggero, ondeggiando armonicamente sui fianchi per farsi ammirare in tutte le sue grazie.

Ma tornando ancora indietro con la memoria, all’estate precedente, la cosa che più mi salta in mente e mi stride fortemente fra i neuroni è soprattutto che loro hanno impedito con mille carte bollate ad un povero cristo di nuotatore impegnato in un’impresa umana al limite dell’impossibile – come attraversare a nuoto e in solitario in 6 giorni le 7 isole dell’Arcipelago toscano – di raggiungere a nuoto, e sottolineo a nuoto, lo scoglio dell’Isola di Montecristo. Non si può – fu la risposta decisa – queste sono acque proibite e tutelate perchè fanno parte del Parco Naturale dell’Arcipelago Toscano e si mandò addirittura incontro al solitario nuotatore le pattuglie a sorvegliare e scortarlo come i due carabinieri che arrestano Pinocchio…

Stridono davvero questi ricordi oggi che, con leggerezza, si è predisposto addirittura l’ultima crociera della Concordia fra le acque dell’Arcipelago fino a sfiorare la Corsica e facendo incazzare i francesi. Il disastro ambientale è in agguato ad ogni onda, ma fa niente…
La certezza è solo che il disastro ambientale lo fa sempre l’essere umano con le sue decisioni border line. Lui il vero responsabile di ogni sciagura ambientale.

Oggi però ho una certezza in più. La pipì rilasciata nell’acqua salmastra da un nuotatore nel pieno della sua trance agonistica è decisamente più dannosa all’ambiente delle tonnellate di spazzatura che può riversare fra i flutti una balena del mare spiaggiata!

domenica 15 gennaio 2012

Isola del Giglio: la balena spiaggiata e la pipì del nuotatore

Facile inzuppare a piene mani la midolla del pane nella zuppa della polemica oggi, all'indomani della titanica spiaggiata della balena Costa quasi dentro il porticciolo di Giglio Porto.

Facile davvero, ma se sembrava inaffondabile esattamente 100 anni fa il Titanic con le tecnologie dell'epoca figuriamoci quanto sorprende quello che è successo ieri all'isola del Giglio... farebbe quasi sorridere se dentro non ci fossero vite umane perse per la guapperia da bullo di un abbronzato e riccioluto comandante che è noto a tutti quello che ha fatto: prima e dopo.

Ciò che a me preoccupa è il dopo: che succederà ora? Come si provvederà a bonificare l'area e a salvaguardare le acque "proibite" del Parco del'Arcipelago Toscano.

Non voglio fermarmi all'episodio specifico, ma partire dal danno fatto per andare oltre, anzi indietro.

Un mese fa, più o meno nei paraggi, al largo della Gorgona, durante una burrasca un mercantile ha perso in mare diversi barili di materiale pericoloso e tutto è passato sotto traccia, quasi non ne sapeva niente nemmeno la regione Toscana... Silenzio totale. Eppure eravamo nelle acque del Parco del'Arcipelago Toscano.

D'estate capita spesso che qualche "sprovveduto" politico-turista venga pizzicato ad immergersi o pescare nelle acque proibite del Parco dell'Arcipelago Toscano e anche queste cosette passano sempre sotto traccia.

Tutte le volte che mi è capitato dall'Elba di veder transitare quei grattacieli del mare lì, troppo vicini alla costa, ho sempre tirato un sospiro. Forse solo una mia impressione da cittadina al mare e la prospettiva schiacciata ad ingannarmi a farmele apparire così vicine. La percezione però è sempre stata che, quelle balene da crociera facessero come una bella donna davanti a un manipolo di giovanotti: un passaggio lieve e leggero, ondeggiando armonicamente sui fianchi per farsi ammirare in tutte le sue grazie.

Ma tornando ancora indietro la cosa che più mi salta alla memoria e mi stride fortemente fra i neuroni è sopratuutto l'incoerenza dell'aver impedito come è stato fatto, nel settembre del 2010 ad un povero cristo di nuotatore impegnato in un'impresa umana al limite dell'impossibile - come attraversare a nuoto e in solitario in 6 giorni le 7 isole dell'Arcipelago toscano - di raggiungere a nuoto, e sottolineo a nuoto, lo scoglio dell'Isola di Montecristo.

Non si può - fu la risposta decisa- queste sono acque proibite e tutelate perchè fanno parte del Parco Naturale dell'Arcipelago Toscano e si mandò addirittura incontro al solitario nuotatore le pattuglie a sorvegliare che parevano i due carabinieri che arrestano Pinocchio.

Stridono davvero questi episodi, ma confermano che il disastro ambientale lo fa sempre l'essere umano vero responsabile delle sciagure ambientali.

Oggi ho una certezza: la pipì rilasciata fra l'acqua salmastra da un nuotatore nel pieno della ssua trance agonistica è più dannosa all'ambiente delle tonnellate di carburante che può riversare fra i flutti una balena del mare spiaggiata.




mercoledì 4 gennaio 2012

Massimo Tarducci e dar l'anima per l'arte


Arezzo ha ospitato lo scorso inverno un’interessante mostra che ha ripercorso la vicenda di Venturino Venturi.

Una mostra che l’ha fatto uscire dalla sua casa-atelier di Terranuova Bracciolini e ha presentato in tutta la sua complessità quest’artista che è stato giovane emigrante e che poi è tornato a formarsi nella terra natìa dei grandi artisti: “
Donatello, Michelangelo, Masaccio "nati a pochi passi da casa mia", era solito dire.

Un’artista che frequentava il Caffè Le Giubbe Rosse con Rosai, Pratolini, Parrochi, Luzi, Bo, Bigongiari, Montale ed Ungaretti; che ha fatto la guerra uscendone miracolosamente vivo; che nel 1953 ha vinto ex-aqueo con Emilio Greco il concorso per il Monumento a Pinocchio di Pescia. Poi la depressione, il ricovero in ospedale psichiatrico e ancora Pinocchio a veleggiare nella sua mente e nei suoi pastelli… Poi la ripresa fisica e dell’attività che l’ha portato a produrre tantissime opere, fino al termine della sua vita, nel 2002, con gli ultimi schizzi a penna dedicati alla tragedia delle Twin Towers.

Un racconto di vita quello di cui sopra per uscire da certi stereotipi che intendono la biografia di un’artista spesso solo come un polveroso rincorrersi di lettere inchiostrate di logorroica lettura su ingiallite pagine di libri.

Le mostre poi talvolta hanno difficoltà a penetrare nei cuori dei visitatori perché sono didascaliche, imbalsamate in schemi che al di là della tela non emozionano. Invece la mostra di Venturini è stata, grazie alla felice idea di essere accompagnata da un breve documentario sulla vita dell’artista
interpretato da Massimo Tarducci, con la regia di Manuela Critelli e la produzione dall’Associazione La Terza Pratica qualcosa di diverso.

10 minuti intensi, dove capisci chi è l’artista di cui ti stai per accingere a mirar le pennellate. 10 minuti emozionanti colmi di vita vissuta, sincopati dai volti, dalle emozioni, dagli sguardi e dai suoni dove l’artista esce dal quadro e si umanizza grazie ad un’interpretazione che gli rende la vita. Ho voluto allora conoscere l’attore e capire come possa penetrare in tutto ciò; cosa ci sia dietro la sua maschera, quale sacro fuoco lo spinge a certe scelte, comunque di nicchia. Ho incontrato Massimo Tarducci che ha dato volto a Venturino ed ho scoperto in lui una lunga carriera iniziata alla scuola di Gassman che l’ha portato ad attraversare esperienze artistiche disparate: teatro, cinema e tv, ma con un occhio sempre attento alla qualità. Non solo un attore, ma anche un registra, sceneggiatore e addirittura autore niente popodimenochè con il grande Edoardo De Filippo.


Nella sua carriera leggo molta attenzione per il sociale come mai?

Quando frequentavo la bottega di Gassman erano gli anni’80 ed ho conosciuto il disagio delle periferie delle grandi metropoli dove la vita era così stridente con quella che, nello stesso momento, scorreva pochi chilometri più in là dove si celebravano luccicanti party dove per essere ci dovevi essere…Ricordo il mio disagio, il voler essere altrove…


Per questo ha lasciato Roma?

Odio i presenzialismi, certi ritmi e le caste del cinema. Ero stufo di fare scelte che non mi rappresentavano. Non è stato facile. L’attore e il regista vivono riflessi nel contorno e nel confronto e quindi stare fra la gente è un modo per farlo. Però c’è modo e modo per farlo ed io ho scelto di farlo essendo me stesso…


E allora è entrato nella nicchia ed ha scelto di fare solo cultura?
Tema scivoloso perché oggi si fa un gran parlare di cultura che è sulla bocca di tutti, ma poi nessuno c’investe veramente. Il problema è che non ci sono interlocutori, non c’è formazione ed i nostri giovani sono allo sbando…Basti pensare che noi importiamo sempre, nel teatro, nel cinema e nella tv quando invece potremo far produrre le nostre realtà che sono tante.


Siamo messi bene eh…

Lo spettacolo oggi è menomato perché i modelli proposti sono impresentabili. Chi fa il mio mestiere deve essere come il periscopio di un sottomarino: guardare per cercar di capire. Ed invece ci sono in giro molte cose non all’altezza. Non parliamo poi del cinema…lì la situazione è ancora più drammatica perché se su 10 sale 7 propongono la stessa cosa qualcosa che non va vuol dire che c’è!


Allora è vedendo questo desolato panorama che è passato ad altro?
Al video documentaristico o reportage che dir si voglia. Ma non di denuncia, il mio intento e di far vedere solo le cose vere.


La sua prima esperienza del genere?

E’ del 2005-2006 quando per la Festa della Toscana a tema “Europa e Islam” ho rappresentato ciò attraverso un viaggio in treno Firenze-Istambul; una lunga emozione per giungere nell’Islam più prossimo a noi. Poi dopo un lavoro su commissione sui i festival cinematografici regionali, con la collega Manuela Critelli ho realizzato il primo lavoro su un personaggio; era Giorgio La Pira.


Poi è passato agli artisti con Marino Marini…
Abbiamo girato un video per la Fondazione Marini di Pistoia che segue le mostre dell’artista in tutto il mondo, poi in occasione dei venti anni del Museo Marini di Firenze il documentario ispirato alla vita di Marino e di sua moglie Marina che è divenuto anche un programma radiofonico per il canale 2 di Radio Svizzera.

Ed eccoci a Venturino Venturi
Un lavoro nato dal grande feeling che si è creato fin da subito con Lucia Fiaschi e Fabio Rovai. Credo che quest’opera sia l’esempio di come si possa lavorare in questo settore. Un lavoro che volendo si potrebbe ampliare perché Venturi è personaggio a tutto tondo, un anima ribelle molto affascinante su cui ci sarebbe tanto da dire.

La televisione gli fa storcere il naso?
Non la rinnego, ma quando l’ho fatta nel 2002-2003 erano altre situazioni. A “La Squadra” ero il Commissario Di Marte, ma ricordo un gran bel cast di attori dove c’era tanta professionalità. Ma eravamo in epoca pre reality…


Se gli proponessero un cine-panettone lo farebbe?
Certo uno deve pur vivere, ma meglio evitare… Ho scelto di lasciare Roma proprio per far ciò che mi piace!


Lei che ci ha lavorato insieme ci dica: ma chi era davvero Edoardo De Filippo?
Una persona di poche parole, risoluto, un burbero. Ma con noi giovani allievi era di una grandezza e di una generosità fantastica…


E adesso, prima di tornar a rappresentare gli artisti come speriamo, in cosa è impegnato?

Ho girato e presentato in occasione della Giornata della Memoria un “corto” dedicato a Radio Firenze e ai giorni della Liberazione della città vista attraverso il vissuto e le emozioni di due personaggi…