mercoledì 4 gennaio 2012

Massimo Tarducci e dar l'anima per l'arte


Arezzo ha ospitato lo scorso inverno un’interessante mostra che ha ripercorso la vicenda di Venturino Venturi.

Una mostra che l’ha fatto uscire dalla sua casa-atelier di Terranuova Bracciolini e ha presentato in tutta la sua complessità quest’artista che è stato giovane emigrante e che poi è tornato a formarsi nella terra natìa dei grandi artisti: “
Donatello, Michelangelo, Masaccio "nati a pochi passi da casa mia", era solito dire.

Un’artista che frequentava il Caffè Le Giubbe Rosse con Rosai, Pratolini, Parrochi, Luzi, Bo, Bigongiari, Montale ed Ungaretti; che ha fatto la guerra uscendone miracolosamente vivo; che nel 1953 ha vinto ex-aqueo con Emilio Greco il concorso per il Monumento a Pinocchio di Pescia. Poi la depressione, il ricovero in ospedale psichiatrico e ancora Pinocchio a veleggiare nella sua mente e nei suoi pastelli… Poi la ripresa fisica e dell’attività che l’ha portato a produrre tantissime opere, fino al termine della sua vita, nel 2002, con gli ultimi schizzi a penna dedicati alla tragedia delle Twin Towers.

Un racconto di vita quello di cui sopra per uscire da certi stereotipi che intendono la biografia di un’artista spesso solo come un polveroso rincorrersi di lettere inchiostrate di logorroica lettura su ingiallite pagine di libri.

Le mostre poi talvolta hanno difficoltà a penetrare nei cuori dei visitatori perché sono didascaliche, imbalsamate in schemi che al di là della tela non emozionano. Invece la mostra di Venturini è stata, grazie alla felice idea di essere accompagnata da un breve documentario sulla vita dell’artista
interpretato da Massimo Tarducci, con la regia di Manuela Critelli e la produzione dall’Associazione La Terza Pratica qualcosa di diverso.

10 minuti intensi, dove capisci chi è l’artista di cui ti stai per accingere a mirar le pennellate. 10 minuti emozionanti colmi di vita vissuta, sincopati dai volti, dalle emozioni, dagli sguardi e dai suoni dove l’artista esce dal quadro e si umanizza grazie ad un’interpretazione che gli rende la vita. Ho voluto allora conoscere l’attore e capire come possa penetrare in tutto ciò; cosa ci sia dietro la sua maschera, quale sacro fuoco lo spinge a certe scelte, comunque di nicchia. Ho incontrato Massimo Tarducci che ha dato volto a Venturino ed ho scoperto in lui una lunga carriera iniziata alla scuola di Gassman che l’ha portato ad attraversare esperienze artistiche disparate: teatro, cinema e tv, ma con un occhio sempre attento alla qualità. Non solo un attore, ma anche un registra, sceneggiatore e addirittura autore niente popodimenochè con il grande Edoardo De Filippo.


Nella sua carriera leggo molta attenzione per il sociale come mai?

Quando frequentavo la bottega di Gassman erano gli anni’80 ed ho conosciuto il disagio delle periferie delle grandi metropoli dove la vita era così stridente con quella che, nello stesso momento, scorreva pochi chilometri più in là dove si celebravano luccicanti party dove per essere ci dovevi essere…Ricordo il mio disagio, il voler essere altrove…


Per questo ha lasciato Roma?

Odio i presenzialismi, certi ritmi e le caste del cinema. Ero stufo di fare scelte che non mi rappresentavano. Non è stato facile. L’attore e il regista vivono riflessi nel contorno e nel confronto e quindi stare fra la gente è un modo per farlo. Però c’è modo e modo per farlo ed io ho scelto di farlo essendo me stesso…


E allora è entrato nella nicchia ed ha scelto di fare solo cultura?
Tema scivoloso perché oggi si fa un gran parlare di cultura che è sulla bocca di tutti, ma poi nessuno c’investe veramente. Il problema è che non ci sono interlocutori, non c’è formazione ed i nostri giovani sono allo sbando…Basti pensare che noi importiamo sempre, nel teatro, nel cinema e nella tv quando invece potremo far produrre le nostre realtà che sono tante.


Siamo messi bene eh…

Lo spettacolo oggi è menomato perché i modelli proposti sono impresentabili. Chi fa il mio mestiere deve essere come il periscopio di un sottomarino: guardare per cercar di capire. Ed invece ci sono in giro molte cose non all’altezza. Non parliamo poi del cinema…lì la situazione è ancora più drammatica perché se su 10 sale 7 propongono la stessa cosa qualcosa che non va vuol dire che c’è!


Allora è vedendo questo desolato panorama che è passato ad altro?
Al video documentaristico o reportage che dir si voglia. Ma non di denuncia, il mio intento e di far vedere solo le cose vere.


La sua prima esperienza del genere?

E’ del 2005-2006 quando per la Festa della Toscana a tema “Europa e Islam” ho rappresentato ciò attraverso un viaggio in treno Firenze-Istambul; una lunga emozione per giungere nell’Islam più prossimo a noi. Poi dopo un lavoro su commissione sui i festival cinematografici regionali, con la collega Manuela Critelli ho realizzato il primo lavoro su un personaggio; era Giorgio La Pira.


Poi è passato agli artisti con Marino Marini…
Abbiamo girato un video per la Fondazione Marini di Pistoia che segue le mostre dell’artista in tutto il mondo, poi in occasione dei venti anni del Museo Marini di Firenze il documentario ispirato alla vita di Marino e di sua moglie Marina che è divenuto anche un programma radiofonico per il canale 2 di Radio Svizzera.

Ed eccoci a Venturino Venturi
Un lavoro nato dal grande feeling che si è creato fin da subito con Lucia Fiaschi e Fabio Rovai. Credo che quest’opera sia l’esempio di come si possa lavorare in questo settore. Un lavoro che volendo si potrebbe ampliare perché Venturi è personaggio a tutto tondo, un anima ribelle molto affascinante su cui ci sarebbe tanto da dire.

La televisione gli fa storcere il naso?
Non la rinnego, ma quando l’ho fatta nel 2002-2003 erano altre situazioni. A “La Squadra” ero il Commissario Di Marte, ma ricordo un gran bel cast di attori dove c’era tanta professionalità. Ma eravamo in epoca pre reality…


Se gli proponessero un cine-panettone lo farebbe?
Certo uno deve pur vivere, ma meglio evitare… Ho scelto di lasciare Roma proprio per far ciò che mi piace!


Lei che ci ha lavorato insieme ci dica: ma chi era davvero Edoardo De Filippo?
Una persona di poche parole, risoluto, un burbero. Ma con noi giovani allievi era di una grandezza e di una generosità fantastica…


E adesso, prima di tornar a rappresentare gli artisti come speriamo, in cosa è impegnato?

Ho girato e presentato in occasione della Giornata della Memoria un “corto” dedicato a Radio Firenze e ai giorni della Liberazione della città vista attraverso il vissuto e le emozioni di due personaggi…






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