sabato 19 febbraio 2011

Festival di Sanremo: scelgo la musica e le emozioni


Poca invidia per i cari colleghi dello “spettacolo” costretti in redazione con i gomiti appoggiati alla scrivania e l’occhio barbiturizzato dallo scorrere lento e psichedelico sullo schermo dei pixel televisivi che arrivano direttamente dalla città dei fiori…

Poca invidia soprattutto, per quelli stipati nella sudaticcia sala stampa dell’Ariston con un orecchio all’eco stereofonico della musica festivaliera e l’altro al parlottare del collega di fianco che da buon critico sta criticando…

Poca invidia perché dopo queste lunghe ore non stop sei costretto a sentirti dire dal direttore: “Mi raccomando, abbiamo mezza pagina! La devi mandare entro un ora e almeno 6000 battute, mi raccomando buttaci dentro un bel pagellone, due note di colore…”

Certo non è vivere in miniera, ma a volte ho proprio voglia di difendere la categoria che oggi, per la sola colpa di raccontare, diventa colpevole di tutto il fango che ci ricopre. E poi, quando il direttore dice: “vai giù duro, critica, il lettore vuole questo…” beh… allora il nostro peccato è da spartire!

Ma torniamo all’amato-odiato festival di Sanremo che molti snobbisticamente dicono di ignorare, ma che poi comunque sbirciano dal buco della serratura; ascoltano alla radio, nei salotti televisivi e leggono sulla stampa.

Premetto che il festival di Sanremo è l’Italia e come essa, da sempre, divide anziché unire. Ogni anno se ne decreta la morte, poi agonizza, risorge e vivacchia.

Poco importa se poi, a distanza di pochi mesi non si ricorda più nemmeno un motivetto… Del resto siamo in tempi in cui si butta giù di tutto nell’indifferenza alzando le spalle.
Questo è il vero problema: mediocrità, indifferenza e mercimonio.

Il festival della canzone italiana è lo specchio di quello che siamo ed ormai è quello delle vallette, degli amorazzi, degli ospiti. E’ quello che deve vendersi, essere appetibile per gli sponsor che foraggiano fantasmagoriche scenografie ed immorali chachet.

E la musica? E l’arte? E gli artisti? E la qualità?

Finiti nel cesso! Roba d’altri tempi in estinzione. Serve “ciccia”, musica fast food…

Due giri di note e via, buona per un mese di programmazione radio e qualche centinaia di migliaia di download. Buona soprattutto per non pensare, per anestetizzare cuore e cervello, per spengere sentimenti.

L’arte non appartiene più alla musica? Mi rifiuto di pensarlo.
L’arte è emozione, è brivido che entra sotto la pelle, non può generare indifferenza e la musica può essere il pass pour tout delle emozioni, la scuola per imparare a vivere i sentimenti,
Essa viene filtrata, sapientemente, goccia dopo goccia. Gocce che sono il sudore della vita che si sciolgono in lacrime di dolore o gioia. Quelle che ci fanno essere vivi ed attraversati dalle emozioni.

Bene dalla musica io pretendo questo e siccome per fortuna non ho il dovere di scrivere del festival di Sanremo sono libera di spezzare le catene della mia penna ed affermare che la mia musica a Sanremo è stata messa sotto il tappeto…
Sì quello sotto cui si nasconde ciò che non si deve vedere.

Sono felice di avere imparato dalla mia musica ad avere il coraggio di alzare quel tappeto con la consapevolezza che quello è il “tappeto magico”.

Sono felice di guardare il bello e il brutto che ci trovo sotto e tremante, trovare la forza di saper scegliere cosa gettare e cosa tenere con me, nel mio cuore.

Sono felice di nutrirmi d’arte, di scegliere la musica che mi emoziona, quella che ha contribuito in 33 anni alla mia crescita di essere umano.

Ah dimenticavo, grazie Anna.

Nessun commento: