Per dirla con due parole si può dire solo maschia vanità.
E' Pitti Uomo, kermesse per eccellenza della moda maschile che in questi giorni sopprafà Firenze .
Ma se si blocca per un attimo la slot machine che tintinna euro veri presunti e promessi fra le mura della Fortezza da Basso, c’è dell’altro.
C’è un Pitti Uomo meno inamidato ed ufficiale in cui lo sguardo del cronista che vi scrive non è più attratto dai comunicati stampa ufficiali, ma dal succoso contenuto pentasensoriale di una gustosa caramella tutta da scartare.
Una passarella continua di vanità maschile in cui scopri che le sfilate vere di Pitti Uomo sono solo un’appendice di quelle che si celebrano vorticosamente in ogni ora del giorno e della notte fra le mura della Fortezza da Basso e sugli antichi marciapiedi delle strade fiorentine a malapena celate da seriose ventiquattrore d’ordinanza in mano.
Va beh che si parla di moda per cui è d’obbligo l’eleganza, ma se in mostra è la gastronomia ad esempio, non è che gli avventori della fiera si presentano col grembiule affrittellato ed il mestolo in mano...
Pitti è un mondo a sé, da sempre. Elevato alla massima potenza dall’obbligo d’apparire che c’impongono i nostri tempi moderni. Un universo umano maschile vario, colorato e profumato fatto di uomini di ogni età uniti sotto la comune bandiera della vanità esibita ad ogni costo.
C’è ne sono per tutti i gusti. Veraci, perfettini, efebi, presunti e maschi che di maschio hanno ben poco.
Sono però tutti perfetti soldatini completati di ogni accessorio, ben impomatati e profumati e alcuni pure col vezzo dell’accessorio esibito per distinguersi dalla massa.
Pochi specchi per fortuna nei corridoi della Fortezza, sarebbero pericolosi lì a portata d’occhio di tutti quei narcisi multinazionali che si finiscono gli occhi fra i cachmere e le cravatte multicolor degli stand e l’abito del vicino che è sicuramente peggiore.
Si parla, si guarda, si fa bussines come in tutte le fiere. Vero, ma qui c’è poca naftalina, molto amido e molta ritualità ripetuta come la poesia che la maestra ti imponeva sui banchi delle elementari.
Feste ininterrotte, party superaffollati, champagne a fiumi, inaugurazioni, presentazioni, lanci di brand si alternano a rotazione continua come i giri della morte delle montagne russe.
L’effetto è il medesimo: ne esci fuori frastornato con quella sensazione vertiginosa che ti fa venir subito voglia di farti un altro giro.
Ma perché tutto questo incalzare perpetuo di feste per parlar d’affari? E’ forse un’antiquata abitudine novecentesca quella in cui gli affari si facevano con le gambe sotto una scrivania guardando ben in faccia l’ interlocutore?
Forse sì. Forse oggi si parla meglio di compra-vendite con un frizzantissimo flut in mano e musica da discoteca nelle orecchie.
O forse è questa solo questa una moda della moda, perdonate il gioco di parole.
Frivolezze per gente frivola?
Forse sì. Mi perdonino lor signori se si sentono offesi, ma i creativi per essere tali non passano il loro tempo a far salotto alle festicciole incipriate.
Per proseguire nei paragoni ad esempio, non ho mai visto un pittore presentare una sua personale fra cascate di champagne e house music. Mi è sempre capitato di verderlo impacciato e intimidito alle prese con noiosissimi vernissage fra abiti neri d’ordinanza, signore in pelliccia e falsi esperti d’arte.
Ma questo è Pitti Uomo. E ci piace così la grande anteprima del carnevale fiorentino.
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